L’ottica interdisciplinare
Comunità di ricerca e ricerca-azione
L’idea di comunità
Counseling filosofico
I nostri riferimenti teorici
La compresenza di diverse professionalità afferenti alle scienze umane – counseling filosofico, psicologia, psicoterapia, pedagogia, scienze delle’educazione e sociologia – è tale da garantire un approccio multilivello per ogni intervento, la possibilità, cioè, di una progettazione che tenga conto, contemporaneamente, dei diversi livelli su cui si riverbera e in cui si genera ogni problematica individuale o si intersecano le problematiche comunitarie. Tener conto delle specificità del contesto, delle peculiarità individuali – psicologiche, cognitive, affettive – e delle caratteristiche dei bisogni e delle domande è ciò che consente la scelta più degli strumenti che di volta in volta appaiono i più idonei a produrre un aumento di benessere.
Comunità di ricerca e ricerca-azione
Da questo punto di vista, ogni intervento tende a creare una “comunità di ricerca” e si traduce in una “ricerca azione” in cui la progettazione non può che essere partecipata. La progettazione partecipata in ambito sociale è una prospettiva metodologica che prevede la collaborazione dei vari attori di una comunità (cittadini o gruppi sociali, amministratori e tecnici) che, attraverso spazi e momenti di elaborazione, sono coinvolti nell’ideazione o nella realizzazione comune di un progetto, con ricadute positive sui partecipanti e il loro gruppo di appartenenza.
Intendiamo la comunità come un insieme di persone che condividono aspetti significativi della loro vita e che hanno relazioni di interdipendenza. Se utilizziamo questa definizione possiamo applicare il paradigma di comunità in molti contesti che assumono, di volta in volta, denominazioni diverse: quartiere, città, cooperativa, azienda, scuola, ospedale, carcere ecc. e che possono essere viste, concettualizzate e studiate come comunità. All’interno di questi spazi di relazione, è possibile operare come agenti catalizzatori di pensiero e di mediazione delle varie istanze per facilitare processi decisionali ma anche per dar voce a narrative minoritarie e per promuovere la produzione di nuovi copioni e ruoli per individui e gruppi sociali. In ogni comunità esiste un patrimonio di affetti, esperienze, saperi e competenze da portare alla luce in quanto cruciali per affrontare i problemi che la attraversano e per sviluppare competenze etiche, affettive, riflessive e biografiche utili alla costruzioni di nuove visioni del mondo. La comunità non è un modo di essere del soggetto individuale né la sua proliferazione e moltiplicazione ma la sua esposizione all’esterno. Questa dialettica tra collettività e individualità si dà spesso come dialettica tra communitas e immunitas: l’individuo può percepire, in maniera più o meno oggettiva e realistica, le richieste comunitarie come come un’eccedenza rispetto alle sue capacità e per questo cedere all’esigenza di “immunizzarsi”. In mote situazioni di malessere e disagio possiamo riscontrare lo scollamento tra le esigenze di relazione, ascolto, attenzione degli individui e la realtà che essi vivono, sempre più attenta alla produttività e all’efficienza: tra una sistema di comunicazione esigente e omologante (e in quanto tale spesso oppressivo) e la difficoltà per le identità di scoprirsi e svilupparsi armoniosamente, tra un pensiero unico imperante e lo sforzo e l’impegno di esercitare un pensiero critico.
I problemi dell’esistenza fanno sorgere altrettante domande che, spesso, però non sono quelle “giuste” o sono eccessivamente generiche come, ad esempio, la domanda di felicità. L’approccio filosofico mette a tema il significato del domandare, in un’epoca in cui si tende a ridurre la varietà degli interrogativi che nascono dall’esperienza, omologando i bisogni e abituando gli individui a significare la realtà prevalentemente entro categorie tecnico-scientifiche o medico-psicologiche. Spesso, però si tratta di domande che non richiedono né risposte tecniche né terapeutiche perché non attengono né al problem solving né alla patologia: si tratta piuttosto di un domandare che implica una ricerca di senso perché espressione di sofferenze mute che chiedono di essere ascoltate e prese in considerazione per essere riformulate in termini espliciti e consapevoli. La specificità dell’intervento filosofico è quindi prima di tutto legata ad attivare la capacità di auto-comprensione delle proprie domande attraverso l’attivazione delle capacità propriamente umane di logica, argomentazione, interpretazione, al fine di far fronte ai problemi e alle istanze dell’esistenza con una diversa competenza di sé, del proprio modo di pensare se stessi, gli altri e il mondo. Attraverso il dialogo, le pratiche filosofiche lavorano all’apertura del linguaggio e dell’ordine del senso per rileggere, risistemare e reinterpretare il proprio vissuto, superando le ovvietà del linguaggio quotidiano. È, infatti, istanza prioritaria del counseling filosofico aiutare ogni persona che lo desideri a chiarificare e ad esprimere la propria visione del mondo e la filigrana di idee (con il loro implicito valore di universalità) presenti nelle situazioni della vita di ogni giorno, negli atteggiamenti, nelle emozioni e nei giudizi.
Il counseling filosofico si inserisce in quel filone della filosofia che va da Socrate passando per Kirkegaard e Nietzsche, fino ai contemporanei Hadot e Nussbaum, che vede la filosofia come saggezza, come riflessione, cioè, sui problemi della vita pratica, un modo di rispondere alle urgenze delle umane sofferenze e realizzare, attraverso l’arte del ragionamento, una vita florida.
L’esercizio del pensiero filosofico assume significato in un quadro storico e sociale complesso dove i processi di costruzione del significato, di fronte allo sgretolamento della dimensione normativa e delle tradizionali strutture di senso sono sempre più appannaggio dei singoli individui e si pone come metodo per cercare le risposte ai problemi causati da incertezza, perdita di senso e disorientamento. La filosofia pratica, infatti, è portatrice di un sapere capace di agire in contesti specifici e ad alta complessità e si coniuga con un’idea di benessere incentrata sull’armonizzazione tra le esigenze individuali e quelle del contesto in cui l’individuo vive e/o opera, un’armonizzazione che si ritiene raggiungibile attraverso la mediazione della riflessività.
Le diverse pratiche filosofiche (dalla relazione one to one, ai lavori con i gruppi) si differenziano in maniera significativa a seconda dei contesti (philosophy for children, philosophy for community, dialogo socratico, café philo, dilemma training, dialogo filosofico ecc.) ma sono unite da un comune denominatore che è l’adozione di una metodologia dialogica che non si limita solo ad un modello didattico. Metodo, in greco, significa soprattutto strada, cammino, un modo determinato di approdare a un certo risultato, a un certo tipo di sapere, di verità.
L’approccio filosofico alla formazione si intende come la creazione di uno spazio di riflessione di secondo livello rispetto al proprio agire, dire e pensare: un luogo fisico e virtuale grazie al quale modificare se stessi alla luce di quanto elaborato nel dialogo interno o con altri. La formazione quindi non può esaurirsi nel trasferimento di contenuti e di saper fare specifici. Si tratta piuttosto della creazione di uno spazio il cui fine sia l’agire-in-comune, il pensiero, il dialogo, la creazione di una comunità di ricerca nella quale ci si sforza di non riprodurre le asimmetrie presenti nei luoghi tradizionali di creazione della conoscenza.
Formare significa, dunque, anche l’attivazione di capacità generali (relazionali, decisionali, di elaborazione e analisi) che sono, nella loro accezione più ricca, da sempre al cuore della tradizione filosofica e nel cui esercizio la filosofia è senz’altro maestra.
Si tratta di competenze strategiche e trasversali, ossia applicabili in molti ambiti diversi (familiare, scolastico, lavorativo, organizzativo, comunitario/sociale) che permettono di porsi in maniera critica rispetto alla realtà e al modo di sapere e di saper fare, di assumere decisioni e prendere posizione in situazione, di scegliere, di applicare nelle diverse circostanze principi, norme e regole, di comprendere e guidare il comportamento secondi il bene e il giusto. Competenze importanti e necessarie per dare significato e valore a temi importanti per la convivenza collettiva e il confronto tra individui. Si tratta di competenze teoriche, nel senso di implicare la riflessione razionale, ma nello stesso tempo sono essenzialmente pratiche in quanto orientano il nostro modo di agire e di relazionarci. Malgrado sembrino spontanee esse sono apprese e vanno esercitate altrimenti rischiano di atrofizzarsi. Se esercitate al meglio fanno degli esseri umani persone autonome, responsabili, capaci di legami positivi con gli altri, e costituiscono gli ingredienti essenziali di quelle competenze trasversali (soft skills) necessarie, oggi, in qualsiasi ambito lavorativo.
René Barbier, La ricerca-azione, Roma, Armando, 2008;
Stefania Contesini, La filosofia nelle organizzazioni. Nuove competenze per la formazione e la consulenza, Roma, Carocci, 2016;
Paolo Dordoni , Il dialogo socratico, Milano, Apogeo, 2009;
Roberto Esposito, Communitas. Origine e destino della comunità, Torino, Einaudi, 1998;
Giuseppe Ferraro, L’innocenza della verità, Napoli, Filema, 2008;
Kurt Lewin (scritti di), a cura di Paolo F. Colucci, La teoria, la ricerca, l’intervento, Bologna, Il Mulino, 2005;
Luca Nave, Pietro E. Pontremoli, Elisabetta Zamarchi, Dizionario di counseling filosofico, Milano-Udine, Mimesis, 2019;
Stefania Contesini, Elisabetta Zamarchi, Sensibilità filosofica. L’esercizio della domanda per gli individui e le organizzazioni, Milano, Apogeo, 2009.